Giovedì, 2 giugno 2022
Alle 19:00 San Francesco e l’elogio della povertà in Dante

Delle tre “fiere” che terrorizzano Dante nei primi versi dell’Inferno, la lupa è sicuramente la più terribile. L’avarizia o cupidigia costituisce infatti agli occhi di Dante il peccato per eccellenza. Non perché si tratti di un vizio più grave di altri, più della lussuria, simboleggiata dalla lonza, o della superbia incarnata dal leone. Ma perché l’avarizia costituisce un vizio pervasivo, che corrompe non solo i singoli, ma le comunità intere, e le epoche storiche. Dante ne vede una prova nella condizione della società e della politica del suo tempo e anche nelle sue vicissitudini personali di esule. Questo privilegio accordato all’avarizia costituisce una scelta originale di Dante, anche dal punto di vista teologico. Soprattutto, se l’avarizia è il peccato più pericoloso perché più comune, la povertà non può che assumere un valore supremo agli occhi del poeta. Ma cosa significa povertà? Come può l’indigenza farsi virtù e addirittura modello politico? San Francesco costituisce il modello di questa paradossale funzione positiva della povertà ed è l’occasione per Dante di una meditazione più vasta sulla natura della morale cristiana.


Chapelle des Ursulines

Rue du Pré-d'Amédée 8 - 1950 Sion

Conferenza


Alberto Frigo

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